martedì 27 agosto 2013

Restaurando memorie sbiadite

Quando la fotografia a colori incominciò a prendere il posto di quella in bianco e nero, negli anni 50 e 60, gli specialisti conoscevano un segreto che pochi altri conoscevano: al contrario delle fotografie in bianco e nero, la pellicola e la carta per la foto colorata non avevano buona durata (questa fu una delle ragioni per cui mi dedicai esclusivamente alle foto in bianco e nero).  Oggi, 30, 40 e 50 anni dopo, abbiamo milioni di fotografie scolorite e macchiate.

Ho visto anche fotografie sbiadite con meno di venti anni. Per fortuna, le ricerche ci hanno dato la capacità di restaurare e salvare queste foto.  Nel processo di restauro possiamo stampare su carta libera di acido, con un pigmento permanente che durerà centinaia di anni.

Nel restaurare fotografie antiche e scolorite voglio proteggere e preservare la memoria di un immagine. Questo è molto più del semplicemente salvare immagini. L’enfasi di preservazione della memoria non si limita solo alla fotografia ma può essere applicata anche nel mondo professionale e imprenditoriale.

A volte un’impresa attinge il successo mantenendo come obiettivo una chiara missione, un mercato specifico o un ambiente idoneo alla sua attività.  Col passar del tempo però, aspettative molto alte, ambizioni o spesso l’avidità contribuiscono, al leader aziendale, di perdere di vista la visione della base del suo successo.  Nella ricerca di maggiori guadagni o espansione del mercato, la memoria di come e perché il Manager abbia raggiunto un posto di rilievo incomincia a sbiadire.

Questo può succedere anche con le persone. Le persone s’incamminano verso una carriera specifica, con alti propositi e piene di nobili idee. Questa motivazione, tuttavia, può essere dimenticata o messa da parte mentre salgono la scala corporativa.

È molto utile concentrare gli sforzi per proteggere il ricordo dei valori corporativi e professionali, impedendo che svaniscano. Per questo, una dichiarazione di missione, accompagnata da riunioni periodiche per verificare la direzione, avendo anche la possibilità di chiedersi: “Perché siamo qui?” “Che cosa stiamo facendo?” o “Che cosa è realmente importante per noi?” – può essere di grande aiuto.

Anche la Bibbia parla del importanza di impedire alla memoria di spegnersi.

Israele era incline a lasciare svanire la memoria in tempo di pace e prosperità.
 Ecco qualche principio dalle Scritture del importanza di salvare e preservare memorie care:

Ricordati delle vittorie del passato.
Siamo così ossessionati dal futuro che trascuriamo di apprezzare i trionfi passati e come accaddero.  “Ma guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli”.  (Deuteronomio 4:9)

Ricordati l’origine del tuo successo.
Col passare del tempo le memorie si possono spegnere e noi possiamo dimenticare l’aiuto e i ricorsi che abbiamo ricevuti sulla strada dell’attuale successo. “Guardati bene dal dimenticare il Signore tuo Dio così da non osservare i suoi comandi, le sue norme e le sue leggi che oggi ti do. Quando avrai mangiato e ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato…il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile”.  (Deuteronomio 8:11-14)


| AUTORE |  Jim Mathis`e un direttore esecutivo della BBC in Kansas e Kansas City, Missouri, USA. Lui e la moglie Louise, furono proprietari di un negozio di macchine fotografiche e processamento di fotografie, in Overland, Park, Kansas.


© MANNA DEL LUNEDÍ é un’edizione settimanale della CBMC INTERNATIONAL http://www.cbmcint.org una organizzazione di ambito mondiale, senza denominazione, fondata nel 1930, con Sede a Chattanooga, TN – USA.

@andrea_zzi

giovedì 22 agosto 2013

CRESCERE IN TEMPI DI CRISI | Isaia 6|1-13

Il capitolo sesto del libro di Isaia racconta di un’esperienza notevole che cambiò la vita del profeta.
Questo incontro così importante con Dio avvenne “nell’anno della morte del re Uzzia” (6:1). Questo dettaglio ci aiuta a datare l’esperienza di Isaia nell’anno 740 A.C. ma, più che questo, ci aiuta a comprendere il contesto in cui avvenne la straordinaria esperienza del profeta. Qual è il significato della morte del re Uzzia?

La vita del re Uzzia è narrata in 2 Cronache 26. Egli “aveva sedici anni quando cominciò a regnare, e regnò cinquantadue anni a Gerusalemme… Egli fece ciò che è giusto agli occhi del Signore… Si diede con diligenza a cercare Dio mentre visse Zaccaria, che aveva l’intelligenza delle visioni di Dio; e finché cercò il Signore, Dio lo fece prosperare” (26:3-5) La nazione intera poté godere dei benefici del suo successo, conoscendo pace, stabilità sociale e prosperità. Era particolarmente ammirato a causa della sua potenza militare: “Uzzia aveva inoltre un esercito di combattenti… Fece fare, a Gerusalemme, delle macchine inventate da esperti per collocarle sulle torri e sugli angoli, per scagliar saette e grosse pietre. La sua fama raggiunse paesi lontani, perché egli fu meravigliosamente soccorso…” (26:11-15).

Cerchiamo di immaginare l’effetto di questi 52 anni di pace, stabilità e prosperità. Nessuno in Giuda, sotto i 55 anni, sapeva come avrebbe potuto essere la vita senza il re Uzzia; tuttavia, quegli anni di normalità erano finiti. Il re Uzzia aveva peccato, era stato punito con la lebbra, poi era morto. Possiamo quasi sentire la tensione nell’aria.

Che cosa accadrà ora? Chi guiderà la nazione? I nemici attaccheranno? Era un anno di crisi nazionale.

Ma proprio in questo momento di crisi, “nell’anno in cui morì il re Uzzia”, il Signore Dio scelse di chiamare, purificare e dare un incarico al profeta Isaia.

Anche noi dobbiamo affrontare momenti di crisi. Può trattarsi di una crisi di famiglia derivante da problemi di salute, divorzio o morte. Può esserci una crisi nazionale o globale che ci colpisce personalmente, collegata al terrorismo, alla disoccupazione o all’instabilità dei mercati finanziari. Possiamo provare una crisi della fede, mentre lottiamo con nuovi dubbi, o riflettiamo su preghiere che non hanno ottenuto risposta o siamo toccati da conflitti nella nostra chiesa locale. Un periodo di calma relativa è finito, ed ora il futuro ci sembra così incerto… Il comportamento di Dio con Isaia ci insegna che Egli può servirsi anche di quei periodi penosi e difficili. Nella mano di Dio, i tempi di crisi offrono un’opportunità di crescita personale.

1. In tempi di crisi, cerca il Signore.
Quando scoppia una crisi, alcuni restano paralizzati dalla paura o dallo shock. Altri, invece, diventano frenetici, cercando una soluzione rapida e correndo di qua e di là. Che cosa fa, invece, Isaia?
Avrebbe potuto riunire una delegazione per visitare le nazioni confinanti e firmare trattati di pace. Avrebbe potuto partecipare alle discussioni con gli uomini che detenevano il potere militare. Avrebbe potuto cercar di fondare un proprio partito politico “religioso”. Nel versetto iniziale, però, non troviamo Isaia nel palazzo né nella piazza del mercato, ma nel tempio. Nel momento della crisi egli cerca il Signore.
Il Signore è contento di vederlo là e lo ricompensa con una visione importante. Non si tratta di una visione di un futuro di pace. Non è una visione che riguardi la distruzione dei nemici. No! Dio sapeva esattamente di che cosa aveva bisogno Isaia: di una visione di Dio Stesso: “vidi il Signore seduto sopra un trono alto, molto elevato, e i lembi del suo mantello riempivano il tempio” (6:1).
Il Signore non era impaurito; la crisi non l’aveva colto di sorpresa: Egli non stava correndo di qua e di là. Il Signore era calmo. Stava seduto.
Isaia aveva bisogno di notare proprio quello. E anche noi: il Signore era seduto su un trono, che ci parla della Sua autorità. Si trattava di un trono alto ed imponente. Appena Isaia si rese conto di ciò che vedeva, il suo spirito si tranquillizzò. Per Giuda la crisi apriva la porta ad un futuro incerto; invece, ad Isaia, questa visione di Dio riempì il cuore di una calma fiducia. Sapendo che il futuro era nelle mani di Dio, poteva scrivere, più tardi: “Questo è il piano deciso contro tutta la terra; questa è la mano stesa contro tutte le nazioni. Il Signore degli eserciti ha fatto questo piano; chi potrà frustrarlo? La sua mano è stesa; chi gliela farà ritirare?” (Isaia 14:26-27). Se dobbiamo rimanere calmi in momenti di crisi e fiduciosi nel futuro, anche noi abbiamo bisogno di una fresca e realistica visione di Dio.

2. In tempi di crisi, esamina te stesso.
Mentre Isaia fissava il Signore, vide due serafini che volavano sopra il Suo trono. Li udì che gridavano l’uno all’altro “Santo, santo, santo è il SIGNORE degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!” (6:3). Per completare quel impressionante esperienza, “le porte furono scosse fin dalle loro fondamenta dalla voce di loro che gridavano, e la casa fu piena di fumo” (6:4). Dio ha molti attributi meravigliosi: Egli è amore, è fedele, onnipotente, ma il solo attributo che è ripetuto 3 volte è questo: Egli è Santo. La ripetizione è usata per dare enfasi. Isaia comprese il messaggio: i suoi occhi si distolsero dal Signore per rivolgersi su se stesso. Il contrasto era penosamente ovvio: “Guai a me - gridò Isaia – sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure…” (6:5).
Una crisi ci permette di avvicinarci al Signore, e quando lo facciamo diventiamo penosamente consapevoli della nostra inadeguatezza. Prima della crisi, diciamo con gioia che il nostro futuro è nelle mani del Signore, ma quando la crisi ci colpisce, quando ci rubano i nostri risparmi, se perdiamo il lavoro, se la salute è compromessa… il nostro futuro non ci sembra più sicuro. Forse è più facile confidare nel Signore quando ci sentiamo tranquilli, sicuri e padroni di noi stessi. La crisi manda in frantumi la nostra sicurezza precostituita.
Il Signore ritenne importante che Isaia avesse coscienza della propria piccolezza, per mostrargli la Propria grandezza. Il Signore ritenne importante che Isaia avesse coscienza del proprio stato di peccato, per mostrargli la Propria santità.
La tua crisi è anche un invito ad avvicinarti di più al Signore e poi a fare un esame realistico di te stesso. Nelle mani del Signore, una crisi è uno strumento per svegliarci da una confortevole routine religiosa, per mettere a nudo le menzogne del nostro modo di pensare, per aiutarci a vedere le nostre priorità malvagie. Piuttosto che cercare di incolpare altri per il loro coinvolgimento nella tua crisi, alla presenza di Dio, esamina te stesso. Forse c’è qualcosa che tu devi correggere; forse anche tu hai “labbra impure!”

3. In tempi di crisi, cerca di ascoltare.
“Ma uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, tolto con le molle dall’altare. Mi toccò con esso la bocca e disse: ”Ecco, questo ti ha toccato le labbra, la tua iniquità è tolta e il tuo peccato è espiato” (6:6-7). Questo era un atto simbolico. L’altare, probabilmente, rappresenta l’opera di Cristo, poiché il perdono e la purificazione sono di solito associati con il sacrificio della morte del nostro Signore Gesù: “… Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per portare i peccati di molti…” (Ebrei 9:28). Puoi immaginare l’effetto di un carbone ardente che tocca le tue labbra sensibili? Sono sicuro che Isaia non ha mai più dimenticato quel momento doloroso.
Le cicatrici ed i ricordi assicuravano che egli non avrebbe mai dimenticato la sua realtà passata: le labbra impure. Noi dobbiamo anche ricordarci da dove siamo venuti. Senza i ricordi della nostra inadeguatezza e della Sua abbondanza, noi mancheremmo di grazia nei nostri rapporti con gli altri.
Il Signore voleva utilizzare le labbra di Isaia, così per prima cosa le bruciò. Ora Isaia è puro e attento alla presenza del Signore; ora è pronto per ascoltare: “Poi udii la voce del Signore che diceva: ‘Chi manderò? E chi andrà per noi?’” (6:8).
E’ così facile avere le proprie idee, i propri piani, le opinioni e le soluzioni. Quando poi la nostra mente è piena delle nostre idee, piani, opinioni e soluzioni, è tanto difficile ascoltare il Signore. La Sua voce tranquilla viene soffocata dal nostro caos interno. Se, però, noi dobbiamo trarre beneficio dalla crisi, se dobbiamo crescere proprio attraverso di lei, allora è necessario che affidiamo al Signore le nostre iniziative e cerchiamo di ascoltare la Sua voce.
Più tardi, Isaia applicò questo principio a tutta la nazione: “Guai… ai figli ribelli che formano dei disegni, ma senza di me, che contraggono alleanze, ma senza il mio Spirito, per accumulare peccato su peccato… Tuttavia il SIGNORE desidera farvi grazia, per questo sorgerà per concedervi misericordia; poiché il SIGNORE è un Dio di giustizia. Beati quelli che sperano in lui! … Quando andrete a destra o quando andrete a sinistra, le tue orecchie udranno dietro a te una voce che dirà: “Questa è la via; camminate per essa!” (Isaia 30:1;18-21). Il Signore può scegliere di parlare per mezzo del consiglio di altri, attraverso la Sua Parola, oppure per mezzo delle circostanze, o con un sogno… il Signore Sovrano sceglierà Lui il mezzo. Da parte nostra, come fu per Isaia e per Samuele, dobbiamo trovarci nella condizione di ascoltare: “Parla, Signore, poiché il tuo servo ascolta” (1 Samuele 3:9).

4. In tempi di crisi, sii pronto a cambiare.
Quando Isaia rispose al Signore: “Eccomi, manda me!” (6:8), mi chiedo quale compito si aspettasse di ricevere dal Signore. Pensava forse che il Signore lo avrebbe mandato ad ungere un nuovo re, come aveva fatto Samuele con Davide circa 300 anni prima? Forse si aspettava che il Signore avrebbe nominato lui come prossimo re? Poteva anche immaginare che il Signore si sarebbe servito proprio di lui, come si era servito di Mosé, per guidare il popolo di Dio fuori dalla crisi, in una nuova terra? Il Signore non chiese ad Isaia: “Che cosa pensi di fare?”, anzi gli disse: “Va’, e di’ a questo popolo: ‘Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere’!” (6:9). Il Signore sapeva che cosa era necessario fare; noi possiamo anche avere le nostre preferenze, ma quando diciamo al Signore: “Io sono tuo. Eccomi. Serviti di me”, dobbiamo essere pronti alla Sua risposta.
Prima della crisi, amicizie, famiglia, chiesa, studi, lavoro, salute e finanze si sviluppavano in maniera “soddisfacente”. Non c’era nessun bisogno di un cambiamento importante. Pensavi che, forse, era necessario solo qualche ritocco di poca importanza. Prendi nota che un momento di crisi può anche essere il momento per cambiare. La vita di Isaia cambiò; non fu mai più la stessaE’ importante notare che non fu la crisi stessa a cambiare Isaia. La crisi ci fornisce un’opportunità per fermare la normalità, per andare più vicino al Signore, per rimettere ordine, per ascoltare. E mentre facciamo queste cose, potremmo sentire il Signore che ci chiama a cambiare.
Può farci capire di continuare fedelmente nelle nostre opere; oppure, come Archippo, abbiamo fatto confusione con le priorità e siamo ora chiamati a stare attenti al servizio che abbiamo “ricevuto nel Signore, per compierlo bene” (Colossesi 4:17). Il Signore, tuttavia, può anche aprire una finestra per mostrarci una nuova direzione, un nuovo ministero, una nuova chiamata. Ad Isaia fu assegnato un ministero profetico difficile. Il popolo al quale doveva parlare era testardo: se egli si fosse aspettato “successo” e risultati visibili, non avrebbe resistito a lungo. Le crisi e le difficoltà in se stesse non possono avere un termine prestabilito. Quando fu mandato, Isaia chiese: “Fino a quando, Signore?” Egli rispose: ”Finché le città siano devastate, senza abitanti… finché il Signore abbia allontanato gli uomini, e la solitudine sia grande in mezzo al paese” (6:11-12). Ogni attività sotto il sole dura per un tempo. Questo include le attività cristiane, come le scuole cristiane, gli ospedali, gli orfanotrofi, le organizzazioni missionarie, le bande musicali, le riviste, anche le chiese locali. Come Isaia, anche noi possiamo chiedere: “Per quanto tempo, Signore?” Però spetta al Signore stabilire il momento dell’inizio e della fine. Continuare quando Egli dice di fermarsi non è fedeltà: è disobbedienza. Fermarsi quando Egli dice di andare, anche questo è disobbedienza. Una crisi può suggerire un cambiamento, ma non cominciare, non fermarti o non cambiare finché non senti che il Signore sta parlando.

Conclusione
Forse la tua vita, negli ultimi tempi, ha avuto una svolta strana e difficile. A volte ti chiedi perché il Signore stia usando un sistema così doloroso e inadatto. Il Signore utilizza certi periodi di irrequietezza interna per incoraggiarci ad avvicinarci a Lui, per purificarci, per parlare al nostro cuore. Guarda alla tua crisi come ad un’opportunità di crescita. Il Signore è ancora seduto sul Suo trono, alto ed esaltato; Egli tiene tutto sotto controllo. Scegli di avvicinarti di più a Lui, di purificarti, di ascoltare la Sua voce, scegli di crescere attraverso questa crisi. Presto, come testimonianza, sarai capace di cantare con molti altri: “A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida. Confidate per sempre nel SIGNORE, perché il SIGNORE, sì il SIGNORE, è la roccia dei secoli” (26:3-4).

Philip Nunn - Eindhoven, NL
Traduzione: Fausta Tomba



@andrea_zzi | apicetrento.blogspot.com

lunedì 19 agosto 2013

Hai investito correttamente nella tua carriera?

Se tu avessi l’opportunità di fare tutto quello che desideri di fare, e molto denaro, continueresti a fare quello che fai oggi?

Quando, anni fa, un amico mio fece questa domanda, mi prese di sorpresa.  Pensai e considerai che cosa rispondere. Dopo una pausa risposi che avendo un’altra opportunità sceglierei un’altra attività lavorativa. Questa riflessione diede inizio a un processo che risultò fondamentale al cambiamento radicale della mia carriera e aprì porte di opportunità che mai più avrei immaginato.

Per questo ho trovato interessante uno scritto in un blog che un altro amico mi raccomandò. L’autore, Seth Godin, blogger, formatore, esperto di marketing, impresario e oratore pubblico, menzionò l’importanza di fare un uso saggio, del nostro tempo, talento ed energia. Queste parole avevano “toccato” alcune considerazioni che feci molti anni fa ed in modo particolare una sua domanda.

Godin scrisse: “Tutti i giorni tu investi un pò di te nel tuo lavoro e una delle grandi scelte disponibili é dove tu farai questo investimento. Il progetto nel quale tu stai lavorando o il leader a cui ti riporti, valgono il tuo investimento?”.
“Investire in un posto sbagliato per una settimana, un mese, non ti mette in crisi ma passare dieci anni investendo in qualcosa che non t’interessa, o lavorando con qualcuno che non si interessa di te... – puoi impegnarti per cercare il meglio”.

Nel mercato del lavoro di oggi, incerto e limitato, cambiare d’impiego non è qualcosa che si debba fare con leggerezza. Il detto: “Un passero nella mano è meglio di due che volando”, si può applicare anche per le decisioni di carriera importanti. Quando decidevo di cambiare lavoro ho sempre cercato il nuovo lavoro mentre stavo già lavorando.

Intanto, come Godin sottolineò, questo non giustifica lo spreco di una buona parte della nostra vita professionale avendo ruoli importanti, con responsabilità, senza senso o che non siano rimunerative.

Nella organizzazione in cui lavoro, parliamo con uomini d’affari e leader professionali su come “inseguire le passioni” nel contesto del loro lavoro. Quando abbiamo l’opportunità di realizzare un lavoro, o ci ingaggiamo in una attività che ci fanno corrispondere a realizzazioni professionali, cerchiamo d’incontrarli in un contesto allegro, perché con questo stato d’animo siamo più produttivi e apprezziamo di più la vita.

Al contrario del concetto popolare, il lavoro non è un “male necessario”. Dio istituì il lavoro e designò l’umanità come custode della Sua creazione. La Bibbia descrive Dio come “lavoratore”.  “Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto”.  (Genesi 2:2-3)

Il lavoro, naturalmente, non è facile ma diventa più facile – e più piacevole – con la giusta motivazione.  La Bibbia ci insegna che cosa dobbiamo chiedere a Dio: “Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rafforza”.  (Salmi 90:17)  Infine, il lavoro è un’idea di Dio, così è meglio fare quello che Lui vuole da noi – e farlo alla Sua maniera.


| AUTORE | Robert J. Tamasy é vice presidente di comunicazione della Leaders Legacy inc. , una "non profit corporation" con base in Atlanta, Georgia, U.S.A. Veterano con piú di 30 anni di giornalismo, ha scritto ed editato 9 libri inerenti al mondo degli affari. Recentemente ha collaborato con David A. Stoddard su "The Art of Mentoring": 10 Principi sullo Sviluppo del Completo Potenziale delle Persone pubblicato dalla Navpress.


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@andrea_zzi

giovedì 15 agosto 2013

«L’ITALIA È MALATA, DI MENTE.»

L’Italia è un paziente malato di mente. Malato grave. Dal punto di vista psichiatrico, direi che è da ricovero. Però non ci sono più i manicomi”.
Il professor Vittorino Andreoli, uno dei massimi esponenti della psichiatria contemporanea, ex direttore del Dipartimento di psichiatria di Verona, membro della New York Academy of Sciences e presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association ha messo idealmente sul lettino questo Paese che si dibatte tra crisi economica e caos politico e si è fatto un’idea precisa del malessere del suo popolo.
Un’idea drammatica. Con una premessa: “Che io vedo gli italiani da italiano, in questo momento particolare. Quindi, sia chiaro che questa è una visione degli altri e nello stesso tempo di me. Come in uno specchio».

Quali sono i sintomi della malattia mentale dell’Italia, professor Andreoli?
“Ne ho individuati quattro. Il primo lo definirei “masochismo nascosto”. Il piacere di trattarsi male e quasi goderne. Però, dietro la maschera dell’esibizionismo”.

Mi faccia capire questa storia della maschera.
“Beh, basta ascoltare gli italiani e i racconti meravigliosi delle loro vacanze, della loro famiglia. Ho fatto questo, ho fatto quello. Sono stato in quel ristorante, il più caro naturalmente. Mio figlio è straordinario, quello piccolo poi…”.

Esibizionisti.
“Ma certo, è questa la maschera che nasconde il masochismo. E poi tenga presente che generalmente l’esibizionismo è un disturbo della sessualità. Mostrare il proprio organo, ma non perché sia potente. Per compensare l’impotenza”.

Viene da pensare a certi politici. Anzi, a un politico in particolare.
“Pensi pure quello che vuole. Io faccio lo psichiatra e le parlo di questo sintomo degli italiani, di noi italiani. Del masochismo mascherato dall’esibizionismo. Tipo: non ho una lira ma mostro il portafoglio, anche se dentro non c’è niente. Oppure: sono vecchio, però metto un paio di jeans per sembrare più giovane e una conchiglia nel punto dove lei sa, così sembra che lì ci sia qualcosa e invece non c’è niente”.

Secondo sintomo.
“L’individualismo spietato. E badi che ci tengo a questo aggettivo. Perché un certo individualismo è normale, uno deve avere la sua identità a cui si attacca la stima. Ma quando diventa spietato…”.

Cattivo.
“Sì, ma spietato è ancora di più. Immagini dieci persone su una scialuppa, col mare agitato e il rischio di andare sotto. Ecco, invece di dire “cosa possiamo fare insieme noi dieci per salvarci?”, scatta l’io. Io faccio così, io posso nuotare, io me la cavo in questo modo… individualismo spietato, che al massimo si estende a un piccolissimo clan. Magari alla ragazza che sta insieme a te sulla scialuppa. All’amante più che alla moglie, forse a un amico. Quindi, quando parliamo di gruppo, in realtà parliamo di individualismo allargato”.

Terzo sintomo della malattia mentale degli italiani?
“La recita”.

La recita?
“Aaaahhh, proprio così… noi non esistiamo se non parliamo. Noi esistiamo per quello che diciamo, non per quello che abbiamo fatto. Ecco la patologia della recita: l’italiano indossa la maschera e non sa più qual è il suo volto. Guarda uno spettacolo a teatro o un film, ma non gli basta. No, sta bene solo se recita, se diventa lui l’attore. Guarda il film e parla. Ah, che meraviglia: sto parlando, tutti mi dovete ascoltare. Ma li ha visti gli inglesi?”.

Che fanno gli inglesi?
“Non parlano mai. Invece noi parliamo anche quando ascoltiamo la musica, quando leggiamo il giornale. Mi permetta di ricordare uno che aveva capito benissimo gli italiani, che era Luigi Pirandello. Aveva capito la follia perché aveva una moglie malata di mente. Uno nessuno e centomila è una delle più grandi opere mai scritte ed è perfetta per comprendere la nostra malattia mentale”.

Torniamo ai sintomi, professore.
“No, no. Rimaniamo alla maschera. Pensi a quelli che vanno in vacanza. Dicono che sono stati fuori quindici giorni e invece è una settimana. Oppure raccontano che hanno una terrazza stupenda e invece vivono in un monolocale con un’unica finestra e un vaso di fiori secchi sul davanzale. Non è magnifico? E a forza di raccontarlo, quando vanno a casa si convincono di avere sul serio una terrazza piena di piante. E poi c’è il quarto sintomo, importantissimo. Riguarda la fede…”.

Con la fede non si scherza.
“Mica quella in dio, lasciamo perdere. Io parlo del credere. Pensare che domani, alle otto del mattino ci sarà il miracolo. Poi se li fa dio, San Gennaro o chiunque altro poco importa. Insomma, per capirci, noi viviamo in un disastro, in una cloaca ma crediamo che domattina alle otto ci sarà il miracolo che ci cambia la vita. Aspettiamo Godot, che non c’è. Ma vai a spiegarlo agli italiani. Che cazzo vuoi, ti rispondono. Domattina alle otto arriva Godot. Quindi, non vale la pena di fare niente. E’ una fede incredibile, anche se detta così sembra un paradosso. Chi se ne importa se ci governa uno o l’altro, se viene il padre eterno o Berlusconi, chi se ne importa dei conti e della Corte dei conti, tanto domattina alle otto c’è il miracolo”.

Masochismo nascosto, individualismo spietato, recita, fede nel miracolo. Siamo messi malissimo, professor Andreoli.
“Proprio così. Nessuno psichiatra può salvare questo paziente che è l’Italia. Non posso nemmeno toglierti questi sintomi, perché senza ti sentiresti morto. Se ti togliessi la maschera ti vergogneresti, perché abbiamo perso la faccia dappertutto. Se ti togliessi la fede, ti vedresti meschino. Insomma, se trattassimo questo paziente secondo la ragione, secondo la psichiatria, lo metteremmo in una condizione che lo aggraverebbe. In conclusione, senza questi sintomi il popolo italiano non potrebbe che andare verso un suicidio di massa”.

E allora?
“Allora ci vorrebbe il manicomio. Ma siccome siamo tanti, l’unica considerazione è che il manicomio è l’Italia. E l’unico sano, che potrebbe essere lo psichiatra, visto da tutti questi malati è considerato matto”.

Scherza o dice sul serio?
“Ho cercato di usare un tono realistico facendo dell’ironia, un tono italiano. Però adesso le dico che ogni criterio di buona economia o di buona politica su di noi non funziona, perché in questo momento la nostra malattia è vista come una salvezza. E’ come se dicessi a un credente che dio non esiste e che invece di pregare dovrebbe andare in piazza a fare la rivoluzione. Oppure, da psichiatra, dovrei dire a tutti quelli che stanno facendo le vacanze, ma in realtà non le fanno perché non hanno una lira, tornate a casa e andate in piazza, andate a votare, togliete il potere a quello che dice che bisogna abbattere la magistratura perché non fa quello che vuole lui. Ma non lo farebbero, perché si mettono la maschera e dicono che gli va tutto benissimo”.

Guardi, professore, che non sono tutti malati. Ci sono anche molti sani in circolazione. Secondo lei che fanno?
“Piangono, si lamentano. Ma non sono sani, sono malati anche loro. Sono vicini a una depressione che noi psichiatri chiamiamo anaclitica. Penso agli uomini di cultura, quelli veri. Che ormai leggono solo Ungaretti e magari quel verso stupendo che andrebbe benissimo per il paziente Italia che abbiamo visitato adesso e dice più o meno: l’uomo… attaccato nel vuoto al suo filo di ragno”.

E lei, perché non se ne va?
“Perché faccio lo psichiatra, e vedo persone molto più disperate di me”.

Grazie della seduta, professore.
“Prego”.

Di Andrea Purgatori |  http://www.uncommons.it |  Intervista con Vittorino Andreoli


@andrea_zzi | apicetrento.blogspot.com

lunedì 12 agosto 2013

Abbi sempre un piano di appoggio

Qualche anno fa uno dei miei amici impresari contrattò un grande fornitore di software, per istallare un nuovo sistema nella sua impresa.  Basato nelle promesse del venditore che lucidava la loro grandezza e storia, il mio amico ebbe la certezza che con l’investimento di 250 mila dollari e 6 mesi di implementazione, la sua compagnia avrebbe operato con più efficienza.

Fortunatamente però, era assennato e aveva abbastanza esperienza per sapere che inattese complicazioni potevano occorrere nel mettere nuovi sistemi quando attivati.  Così, invece di presumere che tutto sarebbe andato avanti soavemente e senza difficoltà, si preparò per il peggio.  Egli non era pessimista ma realista – come la legge di Murphy dice – “ Se qualcosa potrà andare storta, andrà”.

Dopo mesi di produzione, il mio amico scoprì che i sei mesi dati come termine del lavoro, non sarebbero stati compiuti. Il venditore dovette ammettere che invece di 6 mesi occorrevano per lo meno un anno da una data di implementazione ragionevole.

Saggiamente, il mio amico aveva optato di operare col suo sistema esistente come un piano di appoggio, facendolo funzionare finché il nuovo sistema provasse essere tanto efficiente quanto promesso.  Siccome aveva tenuto in serbo un “Piano B” per qualsiasi eventualità, una potenziale crisi fu evitata.

Un altro amico imparò questa lezione in una maniera diversa quando fu direttore assistente di un giornale.  Lavorando per la prima pagina, in un sabato mattina, si allarmò quando notizie di ultima ora misero il suo programma di lavoro a testa in giù. Felicemente l’editore amministrativo, passando per vedere come stavano le cose, gli andò in aiuto, facendo sì che il giornale fosse stampato in tempo.

Abituato ad aspettarsi l’inaspettato, l’anziano esecutivo fece questo avvertimento: “Abbi sempre un Piano B”.

Questo è il perché dei consigli nella Bibbia sulla pianificazione e l’allestimento per il futuro.  Per esempio, Proverbi 14:15 insegna: “L’ingenuo crede a tutto quel che si dice, ma l’uomo prudente fa attenzione ai suoi passi”.

Un altro insegnamento ci parla sul importanza del prevedere cambiamenti repentini:  “Metti in ordine i tuoi affari di fuori, metti in buono stato i tuoi campi, poi ti fabbricherai la casa”.  (Proverbi 24:27)  In altre parole, assicurati di avere provvigione a lungo termine, sia per la tua impresa che per la tua casa e soltanto allora, concentrati nelle altre cose.

Il mio amico impresario capì che, anche se il nuovo software avrebbe portato buoni risultati, era necessario che, nel frattempo, la produttività della sua compagnia non fosse interrotta.

Avere un “Piano B” può impedire che le cose vadano indietro senza necessità!


| AUTORE | Rick Boxx -- "Momenti di Integritá com Rick Boxx" é un articolo settimanale che parla sull'Integritá nel mondo degli affari, visti con prospettiva cristiana.

© MANNA DEL LUNEDÍ é un’edizione settimanale della CBMC INTERNATIONAL http://www.cbmcint.org una organizzazione di ambito mondiale, senza denominazione, fondata nel 1930, con Sede a Chattanooga, TN – USA.


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