lunedì 30 settembre 2013

Ateo dal lunedì al venerdì?

C’è una tendenza, in molti di noi, di vivere la vita divisa in “compartimenti”, che separiamo e che raramente si incrociano: il nostro lavoro, la casa, gli hobby e le attività di particolare interesse, tipo il servizio di volontariato. Cose diverse che non s’incontrano. I diversi aspetti della nostra vita si mantengono distinti.

Come il corpo umano – dove vari organi sono separati con funzioni uniche ma che lavorano insieme, in armonia per mantenere una vita sana – il nostro lavoro così come i nostri coniugi, genitori, nonni, leader, ecc., possono essere diversi ma, insieme dimostrano che siamo una cosa sola.

Questo si applica anche nel campo della fede. Molti isolano le questioni di fede, di culto a determinati giorni della settimana.  Fede e lavoro, alcune persone credono che abbiano poco o niente a che vedere l’uno con l’altro.

Però, dal suo inizio, il presupposto basico della “Manna del Lunedì” è che la fede in Dio e i principi presentati dalla Bibbia, sono tanto pertinenti al mattino del lunedì o al pomeriggio del martedì…, quanto alla domenica.  L’autore Doug Spada, nel suo libro “L’ateo del lunedì mattino” (“Monday Morning Atheist”), ci descrive che ha vissuto questa falsa dicotomia per molti anni.

Incominciavo a praticare una schizofrenia spirituale e separavo la mia fede dal resto della mia vita. Io spegnevo il mio contatto con Dio.

Sei anche tu un ateo del lunedì mattino?

Io lo sono stato. Per molti anni ho frequentato i culti della domenica, mi sentivo ispirato, ma quando arrivava il lunedì, assumevo il mio posto di direttore del giornale e agivo come se Dio non esistesse.  Fu allora che presi coscienza: se la mia fede in Dio era reale, non è fatta per rimanere ristretta all’ambiente “religioso”, ma per essere presente nella mia vita 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana.

Un verso della Bibbia parla direttamente sulla sua ampia applicazione nella vita quotidiana. “Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”.  (2 Timoteo 3:16)

Compresi che “ogni opera buona” si applicava al mio lavoro di giornalista così come si applica al lavoro di un consigliere finanziario o di banca, medico, professore, direttore di vendite, cassiere, ingegnere, architetto, avvocato, esecutivo o tecnico.

Una delle più luminose maniere di comunicare la nostra fede è attraverso le nostre azioni.  Gesù disse: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.  (Matteo 5:16)

Se non viviamo in accordo con la nostra fede e i valori che esprimiamo, quelli che ci osservano avranno il diritto di dubitare che realmente crediamo in quello che diciamo. Essere seguaci di Gesù Cristo significa che non dobbiamo metterlo in un “compartimento” separato dalle nostre vite. Se Lui non è la parte centrale di tutto, in realtà non fa parte della nostra vita per niente.


| AUTORE | Robert J. Tamasy é vice presidente di comunicazione della Leaders Legacy inc. , una "non profit corporation" con base in Atlanta, Georgia, U.S.A.


© MANNA DEL LUNEDÍ é un’edizione settimanale della CBMC INTERNATIONAL http://www.cbmcint.org una organizzazione di ambito mondiale, senza denominazione, fondata nel 1930, con Sede a Chattanooga, TN – USA.

blog: apicetrento.blogspot.com | e-mail: apice.trento@gmail.com | facebbok: apice trento

Per chi fosse interessato segnalo un evento da tenere in considerazione:
WORLD CONVENTION 2014 – 24-28 settembre 2014 a Orlando, FloridaMarriott World Center

mercoledì 25 settembre 2013

Ciechi per mancanza di visione

Nel 1880 George Eastman inventò come applicare emulsione fotografica a una pellicola flessibile. In breve fece sorgere una semplice macchina che chiamò “The Kodak”. Questa piccola macchina cambiò il mondo, permettendo a chi aveva la “passione” della fotografia di sviluppare talento. Eastman creò una piattaforma industriale che prosperò per tante decade.

Quasi 100 anni dopo, questa compagnia che portava il suo nome – The Eastman Kodak Company –  inventò la fotografia digitale. Invece di capire la nuova tecnologia e come questa avrebbe potuto sviluppare l’industria fotografica, la Kodak vide come una minaccia alla sua fabbricazione di pellicole. Non ebbero la medesima visione che ebbe George Eastman e oggi conosciamo il resto della storia.

Non solo le camere digitali ma anche moderni smartphones con macchine fotografiche di alta qualità, sono discendenti virtuali della prima macchina Kodak. Nonostante fossero semplici e facili da usare, l’innovatore della fotografia digitale fallì nello stimarne il valore.

A volte usiamo l’espressione “dormire sugli allori” per descrivere individui o imprese che non generano o che non vanno in cerca di nuove idee.  Ma il problema è maggiore: ha a che vedere col fatto che siamo tanto innamorati del passato che non possiamo o non siamo disposti a muoverci verso il futuro.

Diversi oratori della recente conferenza “Photoshop World” alla quale ho partecipato, misero in evidenza come le realizzazioni passate possono bloccare la nostra capacità di realizzare cose maggiori nel futuro. Nel mio ramo per esempio, eccellenti fotografi continuano ad ammirare le meravigliose fotografie che fecero venti anni fa e insistono a produrre le stesse immagini. Lo stesso accade nella musica, area in cui dedicai molto tempo, alcuni musicisti continuano con le loro vecchie melodie e nemmeno pensano di suonare qualcosa d’altro.

In altre parole, rimanendo legati alle vecchie strade che ci sono familiari, non prendiamo visione delle promesse e delle possibilità che avremmo tentando strade nuove e diverse. Ho osservato una verità basica in tutti i tipi di affari: maggiore è l’impresa, maggiore è la probabilità che i suoi leader dimostrino mancanza d’immaginazione e creatività per vedere e apprezzare qualcosa di diverso da quello che già avevano fatto.

La stessa cosa può succedere spiritualmente. Confortevoli e soddisfatti con le pratiche religiose di sempre, riti e tradizioni, noi spesso riluttiamo a considerare qualcosa di nuovo e diventiamo ciechi per l’assenza di visione.

Ma il Dio della Bibbia a tutto a che vedere con il “nuovo”, come dimostrano i seguenti brani:

Nuove persone.
Dio conosce le nostre lotte, le nostre limitazioni e debolezze. Lui ci vuole fare nuovi, individui pienamente attrezzati per servire Lui e gli altri. “Se uno è in Cristo è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”.  (2 Corinzi 5:17)

Nuove cose.
Capendo i nostri problemi, insuccessi e imperfezioni, Dio ci offre un nuovo, differente futuro. “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova”.  (Isaia 43:18-19)

Nuove motivazioni.
Sapendo come noi spesso non viviamo come desidereremmo, Dio offre la capacità di vivere per Lui: “Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera”.  (Efesini 4:23-24)


| AUTORE | Jim Mathis`e un direttore esecutivo della BBC in Kansas e Kansas City, Missouri, USA.
  
© MANNA DEL LUNEDÍ é un’edizione settimanale della CBMC INTERNATIONAL http://www.cbmcint.org una organizzazione di ambito mondiale, senza denominazione, fondata nel 1930, con Sede a Chattanooga, TN – USA.

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Per informazioni o contatti: http://www.cbmcint.org/blog/events/world-convention-2014/

martedì 10 settembre 2013

Risarcimento e compensazione

Tempo fa, mia moglie Katy ed io, ricevemmo da una azienda che opera nel settore della chimica la sorprendente offerta di risarcimento per il danno che uno dei loro prodotti causò ai nostri pini.  Non solo ci risarcirono solo per la perdita di alcuni alberi ma aggiunsero 15% in più a titolo di compensazione.

Con questo gesto, gesto che la compagnia non aveva l’obbligo legale di fare, dimostrò di essere disposta ad andare oltre al costo dei nostri alberi.  Riconobbe che il problema ci causò un danno oggettivo e soggettivo e offrì una somma oltre a quello stimato, un compenso addizionale.

Non so come questa impresa di ambito internazionale determinò il valore, ma conosco l’origine del pensiero di provvedere alla restituzione: la Bibbia.  Nell’Antico Testamento la Bibbia insegna: “Quando un uomo o una donna avrà fatto un torto a qualcuno...dovrà confessare il peccato e restituirà: il reo rifonderà per intero il danno commesso, aggiungendovi un quinto e lo darà a colui che ha trattato ingiustamente”. (Numeri 5:6-7)

Ci sono due principi in questo ammonimento: il primo principio è che quando lo sbaglio è stato commesso e qualcuno ne soffre perdite materiali o finanziarie, è richiesto al trasgressore di compensare la vittima per il totale della perdita. Il secondo principio determina che i danni possono eccedere il valore reale della perdita e un compenso addizionale deve essere fatto per migliorare.

Nelle società attuali in genere vediamo che le compagnie cercano di attenersi al minimo legale, tanto come in qualità come riguardo al servizio clienti, ma è gradevole incontrare esempi di società impegnate ad andare oltre il richiesto.

Nel così chiamato “Sermone della Montagna”, Gesù disse ai suoi seguaci come dovrebbero correttamente rispondere ai loro nemici.  I suoi principi sono applicabili anche negli affari: così facendo, i clienti non diventerebbero nemici o avversari.  “E a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due”.  (Matteo 5:40-41)

Vorrei suggerire una prassi inusuale nel mondo del “lavoro”: se hai trattato ingiustamente qualcuno – anche se l’atto è stato completamente non voluto – e se vuoi realmente correggere l’errore, considera di aggiungere al totale dei danni un valore addizionale per il risarcimento. Nessuno potrà accusarti se decidi di fare di più di quello che sarebbe ragionevole che si aspetterebbero da te.

Ho molti esempi di piccole o grandi compagnie che con un sincero sforzo di servizio per soddisfare il cliente per qualche errore commesso. Non solo lo riacquistarono ma ebbero l’occasione di trasmettere la serietà e la fiducia anche ad altri; videro gli affari in genere aumentare per il loro impegno nel fare quello che è giusto.


| AUTORE |  Rick Boxx -- "Momenti di Integritá com Rick Boxx" é un articolo settimanale che parla sull'Integritá nel mondo degli affari, visti con prospettiva cristiana.


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lunedì 2 settembre 2013

Vale la pena lavorare?

Negli Stati Uniti, il primo lunedì di settembre si commemora il “Labor Day” (Giornata dei lavoratori).  I cittadini sono invitati a riconoscere il lavoro diligente di uomini e donne lungo le generazioni, persone che impiegarono e impiegano le loro abilità e i loro talenti per fornire prodotti in beneficio di molti.

Purtroppo le statistiche dimostrano che la maggioranza non é soddisfatta col proprio lavoro.  Gli studi indicano che 70% dei lavoratori e forse anche più, sono scontenti e anche detestano i compiti che devono svolgere tutti i giorni.  Per loro il lavoro non è altro che “un male necessario”.

MA non è così che Dio intendeva, fin dall’inizio. Nel primo libro, Genesi, ci insegna: “E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche, su tutta la terra… Ecco, io vi dò ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo”.  (Genesi 1:26-29)

Intanto, dopo quella che è chiamata “la caduta dell’uomo”, il lavoro destinato da Dio divenne difficile. “Maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane”.  (Genesi 3:17-19)   Dio progettò il lavoro rimuneratore, soddisfacente e facile, ma col peccato – la ribellione dell’umanità contro Dio – il lavoro divenne difficile, frustrante e penoso.

Allora, come vincere questo sentimento che dice “il lavoro è un male necessario” e riacquistare il senso di un lavoro piacevole e significativo?  Una maniera, sembra, sia dedicare il nostro lavoro a Dio, chiedendogli di benedire i nostri sforzi e cercando di effettuare le responsabilità del nostro lavoro in accordo con le leggi di Dio. Ecco qualche principio basico da seguire:

Lavorare per Dio.
Abbiamo la tendenza di fare il nostro lavoro per la nostra soddisfazione o per fare piacere a chi esercita autorità su di noi.  Sebbene questo non sia sbagliato, il nostro primo obbiettivo deve essere gratitudine e di onorare Dio. “Qualunque cosa facciate, fatela di cuore per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l’eredità. Servite a Cristo Signore.” (Colossese 3:23-24)

Riconoscere che il lavoro viene da Dio.
Dove tu lavori e il tipo di lavoro che fai, non sono per caso. Dio ti ha messo dove sei e facendo quello che fai per compiere i Suoi propositi: “Non c’è di meglio per l’uomo che mangiare e bere e godersela nelle sue fatiche; mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio. Difatti, chi può mangiare e godere senza di Lui? Egli concede a chi gli è gradito sapienza, scienza e gioia”.  (Ecclesiaste 2:24-26)

Usare il tuo lavoro come piattaforma per rivelare Dio.
Quale è la maniera migliore di dimostrare la presenza e la realtà di Dio se non attraverso il tuo lavoro? Il nostro comportamento sul lavoro ci dà il diritto di parlare per Lui. “Sempre siate preparati a dare una risposta a chi chiede la ragione della speranza che è in voi. Ma fate questo con gentilezza e rispetto.  (1 Pietro 3:15)


| AUTORE |  Robert J. Tamasy é vice presidente di comunicazione della Leaders Legacy inc. , una "non profit corporation" con base in Atlanta, Georgia, U.S.A.


© MANNA DEL LUNEDÍ é un’edizione settimanale della CBMC INTERNATIONAL http://www.cbmcint.org una organizzazione di ambito mondiale, senza denominazione, fondata nel 1930, con Sede a Chattanooga, TN – USA.

for information apice.trento@gmail.com @andrea_zzi