lunedì 24 giugno 2013

Esempio memorabile di come terminare bene

È successo più di due anni fa ma ancora ricordo vivamente quel giorno. Stavo col mio amico Dean Parrak negli ultimi momenti della sua vita sulla terra. Ho visto molte persone morire, anche nella guerra del Vietnam sul campo di battaglia, ma questo giorno è stato diverso. Dean voleva partire perché sapeva, senza avere dubbi, che sarebbe stato l’inizio dell’eternità con Dio.

L’anno prima aveva sofferto un attacco cardiaco che lo lasciò debilitato confinandolo in una sedia a rotelle.  Vendette la casa perché lui e la moglie potessero andare dove avrebbero avuto assistenza e cure mediche sulla sua salute. Durante il trasloco ero presente e lo aiutavo a buttare trofei e premi che aveva accumulato come dirigente esecutivo altamente rispettato nella IBM.  Si liberò anche di tanti riconoscimenti ricevuti per il suo servizio, nelle organizzazioni civili e cristiane.

Per Dean questi oggetti erano un’espressione gentile di apprezzamento ma che alla fine erano solo oggetti che accumulavano polvere e ingombravano la propria vita.  Per dove stava andando, non sarebbero state necessarie e, considerando il suo destino finale, non le avrebbe potute portare con sé.

Quello che Dean non scartò fu la sua fede in Dio.  Durante tutta la sua vita di adulto la sua fede gli servì da ancora, da mappa per il cammino e adesso come lume per attraversare le tappe finali della sua giornata terrena. Per anni viaggiò per tutti gli Stati Uniti e per il mondo, come presidente internazionale della CBMC, connettendo il mondo degli affari a Cristo, ma adesso il suo corpo era limitato a un letto.

Però la personalità di Dean non rimase mai confinata, il suo lavoro semplicemente assunse un’altra forma, quando divenne, come lui si descriveva, guerriero dell’orazione. Incominciava il suo lavoro presto, in genere alle 3 del mattino, pregando Dio per persone ed eventi specifici in tutto il mondo.

Osservando come Dean si comportò durante gli ultimi giorni nonostante le sue limitazioni, non potetti fare a meno di pensare a come affronterò io le sfide della vita e quelle della mia propria morte.

Apparentemente esistono due approcci diversi per questa questione: una egocentrica, citando il poema “Invictus”, di William Ernest Henley, più conosciuto per le sue linee finali:

Non importa quanto stretto sia il portone,
Nemmeno quanto piena di castighi sia la sentenza,
Sono il signore del mio destino,
Sono il capitano della mia anima.

Dean invece aveva la vita centrata in Dio e riscrisse il poema di Henley, intitolandolo di “Convictus”.  La sua versione si concludeva così:

Oltre a questo posto di ira e di lacrime,
coperto dall’orrore dell’ombra,
e la minaccia degli anni,
senza Cristo avrei paura.
Non importa quanto stretto sia il portone,
Nemmeno quanto piena di castighi sia la sentenza,
Gesù è il Signore del mio destino,
Gesù è il Capitano della mia anima.

Il mio amico Dean finì bene, dando il suo ultimo sospiro in pace e fiducia. 

Noi, faremo lo stesso?


| AUTORE | Ken Korkow vive in Omaha, Nebraska, U.S.A., dove lavora come direttore per la CBMC. Adattato dalla "Fax of Life" articolo che scrive.

© MANNA DEL LUNEDÍ é un’edizione settimanale della CBMC INTERNATIONAL http://www.cbmcint.org una organizzazione di ambito mondiale, senza denominazione, fondata nel 1930, con Sede a Chattanooga, TN – USA.

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Vogliamo incoraggiare tutti i credenti ad accettare e ad affermare il loro ministero e la loro missione quotidiana dovunque Dio li ha chiamati a lavorare.
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